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1/24 di Alterthumswissenschaft

Immagine del redattore: Davide ZennaroDavide Zennaro

«Filologia è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un'arte e una perizia da orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo fatto è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente, nel cuore di un'epoca del "lavoro": intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol "sbrigare" immediatamente ogni cosa (...). Per una tale arte non è tanto facile sbrigare qualsiasi cosa perché essa ci insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini, lasciando porte aperte, con dita e con occhi delicati.»


Friedrich Nietzsche, introduzione ad Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali



Caro lettore, probabilmente comincerai a leggere questo articolo chiedendoti “Che diavolo di titolo criptico ha?” o “1/24 di Alterthumswissenschaft? Solo a decifrare questa parola mi si sono fuse le meningi!”

Beh, mettiti comodo e goditi questo viaggio all’interno di una delle più affascinanti, complicate e sovrane materie che compongono le “Scienze dell’antichità”, (questa è, infatti, la traduzione del parolone tedesco precedente): la filologia. Sono 24, infatti, le discipline che compongono le scienze dell'antichità, base del sistema scolastico prussiano tra fine '700-inizio '800 e ispiratore anche del sistema scolastico di Gentile. La parola filologia assume in età moderna il significato che oggi attribuiamo a tale termine. Essa deriva dal greco antico: φιλoλογία, philologhía («interesse per la parola»), composto da φίλος, phìlos, "amante, amico" e λόγος, lògos, "parola, discorso") e, mentre nell’antichità era lo studio del contenuto del testo che si distingueva dalla grammatica (lo studio dello stile del testo), secondo l’accezione comune attuale, è un insieme di discipline che studia i testi di varia natura (letterari, storici, politologici, economici, giuridici, ecc.), da quelli antichi a quelli contemporanei, al fine della ricostruzione della loro forma originaria attraverso l’analisi critica e comparativa delle fonti che li testimoniano, e pervenire, mediante varie metodologie di indagine, ad un’interpretazione che sia la più corretta possibile. Per ritrovare i pionieri di questa disciplina dobbiamo fare un salto nell’Egitto tolemaico, in particolare in un’ala del tempio delle Muse di Alessandria, dove, a partire dal 280 a.C avremo trovato uno sparuto gruppetto di eclettici personaggi dagli interessi così vari che le loro conoscenze avrebbero riempito una biblioteca. Biblioteca non è qui un termine utilizzato casualmente, perché, finanziati dal re d’Egitto, qui nacque una delle più prolifiche comunità letterarie e scientifiche di tutti i tempi, un collegio di Oxford o Cambridge ante litteram, il “Museo di Alessandria”. Parte essenziale di questa fondazione, situata in edifici adiacenti al tempio delle Muse, era, non a caso, la biblioteca. Secondo la tradizione nel III sec a.C erano contenuti tra i 200000 e i 490000 rotoli di papiro, formato e supporto più utilizzati all’epoca. I testi pervenuti alla biblioteca, dato il loro sistema di produzione, presentavano agli occhi dei bibliotecari un gran numero di corruttele, interpolazioni che rielaboravano il testo originale partorito dall’autore (infatti, non esisteva il diritto d’autore), parti cancellate o rovinate, lezioni diverse tra stessi testi, ecc. Tutti queste problematiche incentivarono un grande progresso nella filologia e nei metodi critici. Dobbiamo a personaggi del calibro di Zenodoto, Aristofane di Bisanzio, Aristarco di Samotracia e Eratostene (si, se ve lo state chiedendo, è lo stesso del crivello e della misura della circonferenza terrestre) se i classici greci ci sono pervenuti in un buon stato di conservazione con poche corruttele. Essi, infatti, ebbero una tale influenza che, per tutti gli autori comunemente letti dal pubblico colto dell’epoca, redissero un testo modello che riuscirono ad imporre come norma, sia permettendo che tale modello fosse copiato tramite una copia lasciata a disposizione del pubblico, sia impiegando un certo numero di amanuensi di professione incaricati di apprestare copie da mettere in commercio. Gli alessandrini diedero una veste grafica nuova a questi testi. Ad Aristofane di Bisanzio è attribuita l’invenzione della punteggiatura e del sistema di accentazione, che prima di lui, sorprendentemente, non erano riportate su papiro. Questi miglioramenti nell’aspetto grafico dei testi letterari diedero risultati duraturi, eppure ebbero meno importanza dei progressi compiuti in ambito filologico. La necessità di stabilire testi modello fece si che si creò un sistema di principi di critica testuale riportato negli scolii. Non è un caso che il padre della filologia moderna cosi come la conosciamo noi oggi, Friedrich Wolf, deve la sua fama di filologo ad un’opera dedicata alla questione omerica, i "Prolegomena ad Homerum", fondamentali per l'analisi dei poemi omerici e per la nascita della filologia storica. Nei suoi studi Wolf giunse alla conclusione che i testi omerici non potevano essere stati formulati da un unico autore, ma erano una serie di canti separati, tramandati dagli aèdi per via orale e quindi soggetti a modificazioni e ampliamenti e fissati in una redazione scritta intorno al VI secolo a.C.. Egli sicuramente fece affidamento, tra le altre, ad un particolare codice di X sec d.C, il Codice Veneto dell’Iliade (Marc. Gre. 454) che conserva una vasta raccolta di scolii marginali e una serie di segni critici inventati da Aristarco, che evidenziavano versi che, secondo lui, erano spuri o di particolare bellezza.

Dei testi classici apprezziamo la bellezza, l’avanguardia, la profondità, l’attualità, ma per tutto ciò dobbiamo ricordarci di chi, con zelo e passione, ci ha lavorato e speculato, i filologi di ogni epoca, che ci hanno permesso avere, a distanza di millenni, capolavori senza tempo


Davide Zennaro

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