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ECOnsapevolezza. Capitolo I: Europa

Immagine del redattore: Davide ZennaroDavide Zennaro

„L'epoca della procrastinazione, delle mezze misure, del mitigare, degli espedienti inutili, del differire sta giungendo alla fine. Ora stiamo entrando nell'epoca dove ogni azione causa conseguenze“

Winston Churchill, dal discorso alla House of Commons del 12 novembre 1936; citato anche in Al Gore, Una scomoda verità, 2005


Il tema caldo (battuta non voluta data la gravità dell’argomento) di questo frangente di storia dell’uomo è il riscaldamento globale e noi della Sileiana abbiamo deciso di dedicare una rubrica a questa tematica, quanto mai chiave per il futuro e per gli sviluppi auspicati (e auspicabili?) in un prossimo, si spera non troppo, avvenire. La rubrica si articolerà in 7 appuntamenti, aventi come nucleo tematico ognuno uno dei continenti (Europa, Asia, Africa, Oceania, America settentrionale, America centrale e meridionale, Artide-Antartide), ciascuno dei quali si promette di denunciare le principali problematiche, eventi metereologici extraordinari e le eventuali soluzioni adottate o adottabili per affrontare tali problemi. La Sileiana spera che con questa rubrica, il più possibile chiara e sintetica, possa sensibilizzare ancor di più le nostre coscienze, a renderci conto che la tematica è delicata, ma che non è tardi, per ognuno di noi, per contribuire a rendere noto il problema e ad adottare semplici gesti più ecologici e salvifici per il pianeta.

Il continente di partenza della nostra analisi è l’Europa.

L’Unione europea (UE) si è prefissata e prefigge una serie di obiettivi ambientali e climatici tra i più ambiziosi al mondo, che coprono un’ampia gamma di settori d’intervento, dalla qualità dell’aria, dei rifiuti e delle acque fino all’energia e ai trasporti. Esiste un istituto apposito, l’Agenzia europea dell’ambiente, che, sulla base dei dati segnalati dagli Stati membri, contribuisce a monitorare i progressi e a individuare i settori in cui occorrono maggiori sforzi. Sin dalla sua istituzione, avvenuta 25 anni fa, l’AEA sviluppa i suoi dati e il suo lavoro basato sulle conoscenze al fine di contribuire all’elaborazione delle politiche in Europa. La politica di contrasto al cambiamento climatico del vecchio continente si è concentrata sulla riduzione dei gas serra, principali responsabili del riscaldamento dell’atmosfera. L’UE si è posta come obiettivo, da realizzare entro il 2020, una riduzione del 20 % delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 e, entro il 2030, del 40%. Per realizzare questo obiettivo, l’UE ha definito singoli obiettivi nazionali per le emissioni in settori non contemplati da tale sistema. Allo stesso tempo, ha adottato normative per promuovere l’utilizzo di energie rinnovabili, come quella eolica, solare, idroelettrica e da biomassa, nonché per migliorare l’efficienza energetica di una vasta gamma di apparecchiature ed elettrodomestici. L’UE intende inoltre sostenere lo sviluppo di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio per intrappolare e immagazzinare la CO2 emessa dalle centrali elettriche e da altri impianti di grandi dimensioni. Risultati già evidenti? Il campo dei trasporti è tristemente quello in cui si sono cercate innumerevoli fonti di energia alternative, ma un sostituto credibile e conveniente economicamente di petrolio e derivati non è ancora stato trovato e adottato. L'UE ha concordato di fissare un obiettivo comune del 10 % relativo alla quota delle fonti di energia rinnovabili (compresi i biocarburanti liquidi, l'idrogeno, il biometano, l'energia elettrica "verde", ecc.) nel settore dei trasporti, da raggiungere entro il 2020. La quota media delle fonti di energia rinnovabili nei trasporti è salita dall'1,4 % nel 2004 al 7,1 % nel 2016. Tra gli Stati membri dell'UE, la quota relativa di energie rinnovabili nel consumo di carburante per i trasporti varia tra il picco del 30,3 % in Svezia e del 10,6 % in Austria a meno del 2,0 % in Croazia, Grecia, Slovenia ad Estonia. In alcuni Stati membri dell'UE si è osservata una rapida diffusione dell'utilizzo delle energie rinnovabili come carburante per i trasporti. Ciò è avvenuto soprattutto in Irlanda, Lussemburgo e Finlandia. Risultati, dunque, interessanti, ma non sufficienti. Ci sono, però, motivi per sorridere. Incoraggianti sono i dati provenienti dalle quote di fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento degli edifici, in cui nel 2016 le energie rinnovabili rappresentano i 19% del totale a livello comunitario, e nel campo della produzione di energia elettrica provenienti da fonti “verdi”, in cui all’avanguardia troviamo l’Austria (72%) e Svezia (64%). Come avete potuto osservare da queste analisi, l’Europa si è certamente mossa con tempestività e con obiettivi ambiziosi. Ma ambiziosi a sufficienza? Ambiziosi abbastanza da contribuire a tagliare drasticamente le emissioni e entro 12 anni, come auspicato dalla comunità scientifica? A mio parere, no. Il pianeta va difeso e salvato con politiche più incisive. Ma, c’è un ma. L’Ue ha fissato norme per punire chi non sta ai limiti di emissioni: è una direttiva del 2008 il riferimento oggi vincolante per i limiti di valutazione della qualità dell’aria. Oltre a definire i parametri, le normative precedenti avevano anche stabilito i requisiti necessari per garantire monitoraggio e valutazioni sul territorio degli Stati membri, in modo idoneo, armonizzato e comparabile, oltre che trasparente. Che succede se questi parametri non sono rispettati? In caso di non rispetto della norma, gli stati colpevoli hanno l’obbligo, entro 2 mesi, di individuare misure idonee; in caso non lo facciano, la Commissione potrà decidere di deferirli alla Corte di Giustizia Europea. Il 17 giugno 2018 Francia, Germania, Ungheria, Italia, Romania e Regno Unito sono state deferite alla Corte di giustizia dell'UE per il mancato rispetto dei valori limite stabiliti per la qualità dell'aria e per aver omesso di prendere misure appropriate per ridurre al minimo i periodi di superamento. L’Italia è stata deferita una seconda volta il 7 marzo 2019 e condannata a pagare 52 milioni di euro. 52 milioni di euro, non bruscolini. Quindi, esistono normative e sanzioni per chi transige i parametri Ue. Sono sufficienti? A quanto pare, no. Sarebbero da inasprire per spingere gli stati colpevoli a introdurre misure idonee al cambiamento? A mio parere, sì. In Europa ci sono circa 400000 morti prematuri all’anno a causa dell’inquinamento, in Italia 84000. Solo questi, sono dati che indurrebbero a intervenire più drasticamente. Come bilancio finale, dunque, l’Ue si è mossa e si muove per contenere le emissioni e contribuire in maniera significativa per la salvaguardia dell’ecosistema mondiale. Ma, significativa a sufficienza? Dovrebbe fare di più, soprattutto a livello di sanzione verso chi non adempie agli sforzi o a livello di incentivi per spingere investimenti di politica ambientale.

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