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Le Guardie e Le Mimose

Immagine del redattore: sileianainformalesileianainformale

Aggiornamento: 6 dic 2019

Sindromi esotiche nella giornata del 21/02/2019 e le marce dell'8/03/2019


"Treviso, mozione anti aborto e anti gay, ecco il testo: ", così recita l'editoriale della Tribuna di Treviso del 13/02/2019. I social si dimostrano relativamente partecipi con commenti per lo più negativi, analoghi a "Treviso, culla del medioevo"; la reazione tuttavia non deflagra oltre quelle canoniche ventiquattr'ore successive al rilascio dell'articolo. La polemica decade, ma solo momentaneamente; dei moti esitanti prepareranno la loro personale risposta per la settimana. Sulla sua Pagina Facebook il Cso Django pubblica un annuncio: "Stasera alle 20.30 ospiteremo Non Una Di Meno Treviso e SOVV. per l'assemblea pubblica con proiezione della puntata di Presa Diretta "Dio Patria Famiglia". Non è in qualità di abituè della pagina Facebook "Cso Django Treviso" che veniamo a conoscenza dell'evento. L'iniziativa, infatti, viene preceduta da una dimostrazione tra la Fontana dei Tre Visi ed il Municipio. Il 21 La partecipazione è tanta; sono i cori delle ore 18, anime del vespro, che attirano il mio passeggio. Uomini di mezza età, giovani, anziani, coppie in erba e vere e proprie famiglie con passeggini e palloncini gonfiabili per i più piccoli. Due Gazzelle azzurre e qualche tutore della legge, vigile ma consapevole dell'innocua natura dell'attività. Le voci, a tratti risolute, esprimono un vero e proprio lamento, un lamento che porta in seno molto più che il disappunto per la mozione comunale; solo più tardi quella sera avremmo compreso. Al domandare giungono risposte, una ragazza, ciò che informalmente mi appare un referente della bandiera di Non Una di Meno Treviso, mi invita ad approfondire l'argomento quella sera stessa al Cso Django. Solo una manciata d’ore dopo l’intervista avrebbe preso forma.


Lei si chiama Sara Petrovic, cafoscarina del “Philosophy, International and Economic Studies”. Accenna ad un decreto, il decreto Pillon; sarebbe stato difatti l’argomento centrale della serata. La posizione della giovane è chiara e plurima, le argomentazioni sono ragionate e valide. Mi parla di una giunta che dal suo punto di vista ha tradito la promessa di una politica rivolta alle famiglie ed alla loro sostenibilità, e che in un contrappasso dantesco, invece, nega nelle intenzioni la cessione di aree adibite ad uso ricreativo per i bambini; nel caso specifico si parla della Loggia dei Cavalieri. Breve è l’introduzione della questione Pillon, lunga è invece la lista delle problematiche che Non una Di Meno Treviso sottolinea. La negazione di nuclei familiari quali quelli delle famiglie arcobaleno, l’indissolubilità del matrimonio, la restrizione della lista dei casi in cui sia possibile attuare la cessazione di una gravidanza; questi sono i punti focali su cui si stringe la polemica. L’orecchio ascolta e la penna scrive, ma è impossibile per gli occhi non notare la comunicazione sotterranea che si sta sviluppando. La piccola stanza adibita ad auditorium del Cso comincia ad affollarsi, e l’intervista si isola tra le cacofonie fatte di trepidazione ed apprensione che sono solite precedere gli eventi; diversi sguardi puntano il tavolo con curiosità, di ostile diffidenza non v’è neanche l’ombra. Sara non sembra essere vittima dei moti irruenti soliti della gioventù, esterna invece una sicurezza fatta forte dalla lucidità di pensiero, che siam soliti attribuire a chi sa ciò di cui parla. Al di là delle volontà dei manifestanti, il 21 in piazza c’era molto di più che un corteo indignato per le affermazioni fatte dalla mozione Zanini. Non una Di Meno Treviso si sta, via via, ricostituendo pescando in un bacino di giovani utenti; falene notturne attratte dal grande lume dell’otto Marzo, il giorno della citata “Manifestazione Transfemminista”. Sara mi parla brevemente del panorama generale dei movimenti femministi a Treviso, per la prima volta, dopo un quarto d’ora di intervista, scorgo un alone di imbarazzo; nella molteplicità dei movimenti, solo SOVV viene citata in qualità di collaboratrice per quella serata. L’intervista volge al termine ed è una militante di SOVV che interviene per fornire la sua testimonianza. Il passaggio è dolce e il dialogo sembra ripartire in medias res. Lei mi parla subito di Richard Gardner, lo psichiatra, da altri confuso quella sera come psicologo, che sarebbe stato imputato per la sua teoria sulla PAS. Con orecchio teso ascolto con interesse quella presentazione, ma ancora una volta non ho potuto fare a meno di far lavorare considerazioni alternative a quanto mi si stava presentando sul piatto.

Come un perfetto spaccato generazionale, l’attivista di SOVV mi stava fornendo uno spunto di riflessione che personalmente trovo di importanza impagabile. Forze tra loro comuni, assimilate da quello che uno studente di Scienze Politiche chiamerebbe “Social Unrest”. Tre generazioni di femministe prendono man mano posto nell’auditorium; tre generazioni, tre prossemiche diverse. È così palese, agli occhi di un estraneo, che il linguaggio non trova reale capacità per descriverlo. I volti della terza età, scavati dall’amarezza, appesantiti dall’esperienza; gli occhi teneri di quella generazione di mezzo che sente il fardello aggravarsi sulle loro spalle; la generazione di Sara, la mia generazione, nata in un mondo che di Machista ha molto meno rispetto a quello in cui nacquero le altre. Mi chiedo, ora, se quella che ho precedentemente percepito fosse realmente consapevolezza e non noia. Il giudizio, laconico, trova in breve smentita. Tre le generazioni, tre le problematiche. La vita, nelle sue varie fasi, propone infatti problemi diversi, affrontati in modi diversi. Quella serata, spesa ad ascoltare le parole dei competenti reporter di Presa Diretta ed ad osservare i volti di chi ci circondava, ha eloquentemente espresso tutte quelle piccole realtà che nel loro insieme dipingono la realtà della Piazza. Non sta a noi giudicare la validità delle teorie di Gardner, la legittimità della mozione Zanini o l’importanza di quella manifestazione che l’otto Marzo interesserà tutte le piazze del Mondo. L’unica cosa che possiamo giudicare è che il dolore sia inequivocabile, difficile da simulare e facile a canalizzarsi nelle lotte sociali; e quella sera del 21/02/2019 c'era un dolore diverso per ogni volto in sala.


L’aspetto che più ci ha interessato durante la serata è stato l’acceso dibattito che si è sviluppato intorno l’argomento PAS, Parental Alienation Syndrome o Sindrome da Alienazione Genitoriale/Parentale, teoria elaborata dallo psichiatra statunitense Richard Gardenr. Prima di capire perché tale costrutto sia appoggiato da alcuni e demonizzato da altri è bene comprendere ciò di cui ci si sta occupando effettuando una brevissima introduzione su cosa sia di preciso questa tanto osannata e al tempo stesso ripudiata PAS.

Secondo Gardner si tratterebbe di un disturbo che emergerebbe nell'ambito delle controversie per la custodia dei figli in ambito di separazione o divorzio dei coniugi, definito in più stadi in ordine crescente di influenza. Consisterebbe nella programmazione dei figli da parte di un genitore psicologicamente alterato, l’alienante, colpevole di compiere una lobotomia che porterebbe i figli a troncare in modo brusco i rapporti affettivi con l’altro genitore, l’alienato, esibendo anzi nei suoi confronti un continuo astio e disprezzo ingiustificati. La metodologia lobotomizzante dell’alienante comprende l'impiego di espressioni denigratorie riferite al coniuge, accusandolo di trascuratezza, violenza o abuso, in casi estremi anche sessuale, costruendo perciò una realtà virtuale familiare di paura che genererebbe nei figli sentimenti di terrore, diffidenza e odio nei confronti dell’alienato. I figli appoggerebbero quindi il genitore che dimostra fittizia sofferenza venendone contagiati e condividendone la visione in modo apparentemente autonomo. Questo processo distruggerebbe la relazione fra la prole e l’alienato in quanto i primi arriverebbero a rifiutare qualsiasi tipo di contatto con quest'ultimo.

La PAS potrebbe scatenarsi in un contesto di distacco dalla realtà degli affetti genitoriali quando, in ambito processuale, un genitore arriva a percepire i figli non come persone provviste di una propria individualità, bensì come mezzi per acquisire maggior potere all’interno del conflitto, oppure come strumento per sfogare sentimenti d’ira e disagio tipici della vita di coppia. È il passaggio all'atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del e l'impiego dei figli come oggetti che può fungere come fattore insorgente della patologia. Perché si possa parlare di PAS è tuttavia necessario che detti sentimenti di astio, disprezzo e rifiuto non siano giustificati, giustificabili, o rintracciabili in reali mancanze, trascuratezze o violenze dell’alienato.

Eseguita questa panoramica senza troppo addentrarsi nella specificità comprendente criteri di studio, sintomatologia, conseguenze e decorsi, si giunge al vero nodo della questione. Quella della PAS è una teoria che è rimasta solo sulla carta, dato che dopo la sua pubblicazione la tesi di Gardner è incappata in numerose critiche, accusata di essere priva di basi logiche e scientifiche, non comprovata da prove empiriche. Ma l’appunto più grave che le viene mosso è quello che ritiene come, nel caso di errato giudizio da parte del magistrato competente in materia di divorzio o separazione e affido di minori, il bambino possa essere consegnato ad un genitore/carnefice. Sono infatti spesso i coniugi alienati a impugnare l’argomento PAS per vedersi affidati, anche per un breve periodo di tempo, la propria prole. La teoria di Gardner non è stata tuttavia inserita nell'ultima edizione del DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, poiché non considerata una patologia applicabile e riscontrabile a causa dell’ascientificità della tesi che la avvalora.

Siamo perciò dinanzi ad una vera e propria aporia. La PAS, non riconosciuta a livello internazionale, viene impiegata come metro di giudizio in procedure legali, con conseguenze che possono risultare nefaste per tutte le parti in gioco, in primis i minori. Alla contesa non poteva ovviamente non partecipare anche la politica con le sue frange più estreme, che si contendono i diritti di affidamento genitoriale.

I fautori della famiglia tradizionale invocano la PAS come mezzo per limitare gli episodi di separazione e divorzio che andrebbero ad infrangere la cellula che, insieme alla religione (elemento di discutibile utilità all'interno di un simile contesto) costituisce le fondamenta della società italiana, oltre ad impiegarla come strumento per limitare lo strapotere delle donne, spesso affidatarie della prole per ragioni economiche, ree di aver prevaricato i diritti degli uomini con le loro sempre più preponderanti rivendicazioni. Lo schieramento opposto, decisamente avverso all'impiego della PAS in ambito giudiziario, addita gli avversari come un gruppo di individui culturalmente e socialmente arretrati, demonizzando la suddetta teoria e il suo ideatore, accusandolo di misoginia. Tafferugli ideologici e non solo sono l’unica e scontata conseguenza di questa babele di opinioni discordanti, questo marasma di voci che cercano di sopraffarsi l’un l’altra pur di affermare la propria visione del mondo.

In medio stat virtus. Certamente, l’utilizzo della PAS nelle aule dei tribunali civili e penali per dirimere cause di affidamento, è uno scandalo, uno smacco alla serietà dell’istituzione. Una tesi non avvalorata dalla comunità scientifica non può, per definizione, essere impiegata quale strumento giuridico poiché non riconosciuta. È un congegno intellettuale non approvato che può danneggiare chi decide di servirsene senza conoscerlo e comprenderlo. D’altra parte, analizzando gli scritti di Gardner con cognizione di causa, e soprattutto adottando un’ottica super partes, non è stato riscontrato alcun accenno ad un’ideologia misogina e pro machismo. Da questo punti di vista, perciò, l’autore può essere scagionato da simili accuse.

Rimane pur sempre una teoria psicologica, e come tale va esaminata con grande cautela. Si tratta di un ambito dai contorni sfumati e spesso ingannevoli, dove gli studiosi impegnati in simili ricerche si ostinano ad impiegare metri di giudizio e strumenti da laboratorio asettici nel vano tentativo di imbrigliare, carpire e sezionare un elemento volatile e libero come la psiche umana, elaborando così interessanti teorie tuttavia dalla dubbia valenza e utilità.


In chiusura, ricordiamo a tutti i lettori che l'8 Marzo 2019 plurime realtà globali verranno toccate dal Grande Sciopero Transfemminista; un'iniziativa che certamente farà il "fracasso" sperato, ma è davvero questo che più gioverà al movimento?

Dalla violenza, letterale o metaforica, nasce altra violenza.

L'8 Marzo, i membri della Sileiana volgeranno i cuori e le menti verso tutte le sofferenze, le violenze e i soprusi, e le iniquità che la nostra società ha generato nei confronti delle Donne; non vi sarà lacrima che il movimento non verserà con sincera solidarietà, ma le strade non ci vedranno marciare.

Una nota influencer sul web, conosciuta principalmente per i suoi vlog a tema femminista, disse: "Il femminismo deve scioccare", parafrasando l'enfasi del momento; opinabile.

Siamo invece convinti che il modo migliore per umiliare e superare quei disgustosi feticci totemici nei quali riconosciamo i valori della società machista sia prendendo le distanze con la cultura. L'ignoranza si combatte con la cultura e le disparità sociali nascono dall'ignoranza.

L'8 Marzo la Sileiana vi invita a leggere un libro e discuterne ad un caffè.


Carlo Marasciulo e Luca Bernardi

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