CXLIII TUNICAE PATAVINAE
Velliera consumunt Patavinae trilices, et pingues tunicas serra secare potestt
LE TUNICHE PATAVINE
Le tuniche patavine di triplice tessuto hanno bisogno di molta lana: le tuniche può spesse le può tagliare una sega
In questo epigramma dello spagnolo Marziale viene evidenziata una delle caratteristiche che da sempre ha contraddistinto l'economia veneta, sin dalle origini, cioè la capacità di sfruttare le risorse che può si addice vano al territorio e a trasformarle tramite il settore secondario in prodotti di altissima qualità. In questo caso si tratta di lana ricavate dall'allevamento di ovini, introdotti in questa zona dai Romani. L’ampiezza della pianura veneta, dopo esser stata pesantemente disboscata dagli stessi Romani a partire dal II sec a.C, permetteva inoltre la conservazione di ampie distese di terreni non coltivati, utilizzati come pascolo per accrescere le potenzialità dell’allevamento. Questo costituiva un altro settore economico vissuto in simbiosi con quello agricolo. Molto noto era quello dei suini, ma ancor più quello dei cavalli, celebrato dalle fonti greche (es. Omero, Iliade, II, 851-852). La diffusione dell’allevamento degli equini venne però in gran parte soppiantata in età romana da quello degli ovini, sicuramente più redditizio in termini economici e commerciali nell’ampliato mercato italico. In merito a questo le fonti letterarie, epigrafiche ed archeologiche hanno rivelato negli ultimi anni l’esistenza di un sistema di allevamento di larghissima importanza grazie alla produzione lanaria, che doveva avere nei due centri di Padova e Altino i suoi centri principali. Le pratiche allevatorie legate alle pecore possedevano un carattere non solo stanziale, ma anche migratorio e transumante che fruiva delle notevoli risorse pascolative del settore prealpino e alpino.
Davide Zennaro
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